Un saggio molto interessante, che può attrarre anche chi non si occupa specificamente di letteratura giapponese, perché il tema dello scrittore nel suo studio, visto attraverso il gioco di specchi dato dalla rappresentazione che ne troviamo nelle sue stesse opere, è affascinante in sé.
Analizzando i romanzi e i racconti brevi di Natsume Sōseki, Marco Taddei disegna un complesso ritratto dello scrittore nel luogo della sua scrittura, la stanza privata che è al tempo stesso “un rifugio sicuro nei momenti di difficoltà e un luogo da cui osservare con un certo distacco la realtà circostante e ripensare alla propria esistenza”.
Marco Taddei Natsume Sōseki: autoritratto d’autore nello studio
Atmosphere Libri, 2020
ISBN: 9788865643419
Dalla quarta di copertina:
Natsume Sōseki (1867-1916) è uno degli autori giapponesi più rappresentativi del primo Novecento. La sua vita coincide quasi completamente con il regno dell’imperatore Meiji (1868-1912) e si svolge in quell’epoca di grandi cambiamenti culturali, politici ed economici. La sua formazione eclettica è influenzata dal nuovo corso della storia. Ha una conoscenza approfondita dei classici cinesi e giapponesi, ma studia anche la lingua e la letteratura inglese ed è appassionato di pittura europea. Nell’arco della sua carriera, oltre ai romanzi di successo, pubblica anche racconti brevi nei quali si rappresenta spesso come uno scrittore seduto alla scrivania del suo studio. Quando non è concentrato nella scrittura, egli posa la penna e osserva quel che accade nella stanza oppure indugia nei ricordi. L’esperienza personale, l’immagine del letterato nella tradizione cinese e giapponese e la figura dello scrittore/artista nello studio/atelier nella cultura occidentale sono gli elementi che in vario modo influenzano la costruzione del suo autoritratto letterario. In questo modo Sōseki porta il lettore nel suo mondo più intimo e gli racconta la fatica del mestiere dello scrittore e la sua profonda solitudine.
Marco Taddei insegna lingua giapponese preso l’Istituto di Lingue, Letterature e Culture Straniere dell’Università di Bergamo. In passato ha tenuto corsi di lingua e cultura giapponese preso la sezione lombarda dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO). Si occupa di letteratura moderna con particolare attenzione alla produzionenarrativa di Natsume Sōseki. Per “Asiasphere” (Atmosphere Libri) ha tradotto e curato alcuni racconti dell’autore inclusi nella raccolta Racconti sospesi nel vuoto.
Ishikawa Takuboku (1886-1912) è uno dei poeti moderni giapponesi più popolari e amati in patria, ma poco considerato dalla critica letteraria occidentale. La sua vita si intreccia con i radicali cambiamenti sociali e culturali del Giappone di primo Novecento, caratterizzato da un rapido processo di modernizzazione che tuttavia genera anche una realtà percepita come profondamente contraddittoria, smarrita com’è tra modernità e perdita dei valori tradizionali. Forse proprio l’appartenenza a questo momento storico spiega l’inquietudine esistenziale di Takuboku e la sua incapacità a porvi rimedio. Qui presentiamo per la prima volta in forma integrale il diario, che scrisse dal 7 aprile al 16 giugno del 1909, in cui descrive senza veli la sua realtà interiore, anche nei suoi aspetti più degradanti, sempre alla ricerca di un Io in bilico tra l’autoesaltazione e l’autocommiserazione. Le sue annotazioni giornaliere tratteggiano vividamente non solo la sua vita ma anche l’ambiente dei letterati attivi a Tokyo, con le loro contraddizioni e le loro istanze per una nuova letteratura. Per profondità psicologica e sperimentazione letteraria, il diario occupa una posizione unica nel panorama della letteratura giapponese moderna.
Tra il 1885 e il 1901 Pierre Loti soggiorna per ben cinque volte in Giappone, rimanendone profondamente colpito.
In questo testo, il grande scrittore-viaggiatore raccoglie i resoconti delle sue esperienze giapponesi dell’autunno del 1886. Una serie di impressioni che riguardano tanto i luoghi simbolo quanto gli aspetti sociali del paese del Sol Levante che, in pieno periodo Meiji, si sta aprendo al mondo.
La scrittura di Loti fissa in vividissime istantanee le visite ai templi di Kyoto, il pellegrinaggio a Nikkō, le corse in rikisha per i quartieri di Edo, un ricevimento occidentalizzante al Palazzo del Bramito dei Cervi (Rokumeikan), la festa dei crisantemi nel giardino del palazzo imperiale… Giapponeserie d’autunno trasmette da una parte lo stupore di un occidentale di fine XIX secolo davanti a una realtà a tratti impenetrabile, dall’altra la malinconia che nasce dalla consapevolezza che presto quel mondo dalle tradizioni millenarie svanirà sotto le spinte omologanti della modernizzazione.
Pierre Loti
Giapponeserie d’autunno
Traduzione di Maurizio Gatti
O barra O, 2019, pp. 190
ISBN: 9788869680717
Il MUDEC – Museo delle Culture di Milano presenta il progetto Oriente MUDEC, che dal 1° ottobre 2019 al 2 febbraio 2020 coinvolgerà tutti gli spazi espositivi del museo e racconterà da diversi punti di vista – artistico, storico ed etnografico – i reciproci scambi tra Giappone ed Europa attraverso il tempo e l’incontro culturale tra i due mondi. Oriente MUDEC, organizzato dal Comune di Milano e 24 Ore Cultura, si articola in due mostre e un ricco palinstesto di conferenze, laboratori e altre iniziative.
Quando il Giappone scoprì l’Italia. Storie di incontri (1585-1890)
UNA MOSTRA MUDEC – Museo delle Culture – Comune di Milano
A CURA DI Anna Antonini, Giorgia Barzetti, Paola Di Rico, Marisa Di Russo, Rossella Menegazzo, Corrado Molteni, Anna Maria Montaldo, Francesco Morena, Carolina Orsini, Alberto Rocca, Marino Viganò.
Con il patrocinio del Consolato Generale del Giappone a Milano e con la collaborazione dei Dipartimenti di Scienze della Mediazione Linguistica e di Studi Interculturali, e di Beni Culturali e Ambientali dell’Università degli studi di Milano, Fondazione Trivulzio, Veneranda Biblioteca Ambrosiana.
Questa mostra, a ingresso libero, è presentata negli spazi della collezione permanente del Mudec, riallestiti per questa occasione, e illustra mediante alcuni casi esemplari i primi rapporti tra l’Italia e il mondo giapponese e, attraverso di essi, l’immaginario che da entrambe le parti veniva formandosi.
La prima sezione, dedicata a “Ito Mancio e le ambascerie giapponesi 1585–1615”, racconta gli inizi della mutua conoscenza tra i due paesi, dedicando grande attenzione al passaggio in Italia, nel 1585, della cosiddetta ambasceria Tenshō.
La curiosità occidentale verso il Giappone si manifestò in un primo momento con il tentativo di tracciare mappe di quella terra, o per visione diretta come le mappe riportate dai portoghesi, o ad esse ispirate, come l’Ortelius o la mappa redatta a Milano da Urbano Monte. A partire dal 1549 la Compagnia di Gesù, e altri ordini religiosi dopo il 1586, inviarono diversi missionari in terra giapponese attraverso la mediazione portoghese. Nasce l’arte nanban, “dei barbari del sud”, ovvero la produzione di oggetti con tecniche giapponesi ma forme occidentali. In questo contesto Alessandro Valignano, tra i responsabili della missione gesuita in Giappone, organizza il viaggio di 4 giovani nobili giapponesi originari dell’isola di Kyūshū convertiti al cristianesimo verso l’allora centro del mondo cristiano, Roma e l’Italia.
Nel 1585 i quattro “ambasciatori” dopo diverse tappe entrano a Milano, per restarvi circa 10 giorni. Qui vengono ritratti a colori da Urbano Monte nel manoscritto custodito nella Biblioteca Ambrosiana, straordinariamente esposto in questa mostra. Durante la visita a Venezia il capo delegazione Ito Mancio viene ritratto in un quadro a olio, probabilmente da Domenico Tintoretto, così come viene riportato nelle cronache raccolte da Guido Gualtieri. Il dipinto, recentemente ritrovato, viene esposto per la prima volta in Europa proprio in occasione di questa mostra, grazie alla generosa collaborazione della Fondazione Trivulzio. Insieme, troviamo esposto un importante documento proveniente dall’Archivio di Stato di Mantova, una lettera gratulatoria di Ito Mancio al duca Guglielmo Gonzaga.
Il percorso prosegue focalizzando l’attenzione sulla seconda “ambasceria” giapponese in Italia, quella del 1615. La seconda ambasceria, pur non arrivando a Milano, costituisce un’altra importante tappa dei rapporti tra l’Italia e il Giappone prima della chiusura definitiva dei porti giapponesi e l’adozione della politica di isolamento (sakoku), che rimarrà in vigore fino al 1853. A documentarla in mostra è un ritratto famoso, quello del capomissione Hasekura Tsunenaga, attribuito al pittore Archita Ricci.
Il percorso si concentra poi sul momento della riapertura, e sul ruolo di alcuni collezionisti e commercianti milanesi nella formazione delle “Civiche raccolte di arte giapponese” ora conservate al MUDEC. La seconda sezione è infatti interamente dedicata alla figura del Conte Giovanni Battista Lucini Passalacqua e al suo “Museo Giapponese” costituito da oltre 150 opere tra bronzi, tessuti, porcellane, lacche e altri oggetti, tra cui la meravigliosa portantina laccata “onna norimono” e una magnifica serie di tessuti, maschere e costumi del teatro Nō.
ORARI: Lun 14.30-19.30; Mar, Mer, Ven, Dom 09.30-19.30;
Gio, Sab 9.30-22.30
L’INGRESSO È LIBERO / MUDEC Museo delle Culture
via Tortona 56, CAP 20144 Milano http://www.mudec.it/ita/mostre-in-corso-2/
Impressioni d’Oriente. Arte e collezionismo tra Europa e Giappone
UNA MOSTRA 24 ORE Cultura
A CURA DI Flemming Friborg e Paola Zatti
La mostra “Impressioni d’Oriente. Arte e collezionismo tra Europa e Giappone” illustra attraverso una selezione ampia e diversificata di opere provenienti dall’Italia e dall’estero lo sviluppo di quel gusto orientato verso il Giappone che pervase la cultura artistica occidentale tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, in particolar modo in Francia e in Italia, approfondendo le dinamiche dei variegati interscambi artistici di quel periodo. L’analisi storico-artistica riserva una particolare attenzione al contesto di relazioni commerciali, avventure imprenditoriali e forte curiosità globale caratteristici dell’epoca. Nel variegato contesto del gusto internazionale per il Giappone e della sua influenza sulle arti, la mostra si focalizza sui maggiori tra gli artisti italiani ed europei che hanno subito l’incanto del Giapponismo, esponendo alcuni dei capolavori assoluti dell’epoca: da De Nittis a Rodin, da Chini a Induno, da Van Gogh a Gauguin e Fantin Latour.
In mostra oltre 170 opere tra dipinti, stampe, oggetti d’arredo, sculture e oggetti di arte applicata, provenienti da importanti musei italiani e europei e da collezionisti privati.